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OMICIDIO COLPOSO, PRETERINTENZIONALE E TENTATO OMICIDIO
L’indolenza (vedi elementi di differenza tra proposito, indolenza e involontarietà) rappresenta una condotta negligente, inconsapevole o ingenuo del soggetto agente, o la mancata osservanza di disposizioni, regole, prescrizioni o normative.
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Pertanto si parla di crimine colposo (art. 589 c.p.) quando una persona, per indolenza, causa perfino la morte di un altro. Il soggetto agente, in tal caso, pur essendo intenzionato a compiere il gesto, non è stato cosciente delle sue conseguenze.
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L’involontarietà invece, risiede nell’azione o omissione che provoca condizioni dannose o più gravi di quella aspettata da chi la compie, e che dunque prescinde dal proposito.
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L’uccisione involontaria (art. 584 c.p.), dunque, si manifesta nel caso in cui l’agente, che ha l’obiettivo di ferire o picchiare un altro, ne causa al contrario la morte. In modo involontario.
Se dunque nell’uccisione colposa l’agente non si aspetta quella determinata circostanza ed essa però è generata dalla condotta indolente, in casi di delitto volontario, si manifesta una congiuntura ben più grave di quella che l’agente si aspetta.
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Infine, il tentativo (art. 56 c.p.), si manifesta quando una persona esegue azioni valide, col chiaro intento di uccidere, ma il delitto non ha luogo perché non si è manifestata la condizione che il soggetto agente si aspettava, o perché non è stata eseguita alcuna azione.
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Si manifesta il tentato delitto, pertanto, quando un soggetto esegue azioni valide dirette chiaramente a far morire una persona, ed è disciplinato dal composto previsto dall'art. 56 c.p. e l'art. 575 c.p.
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Gli elementi di differenza tra i suddetti tre casi sono i seguenti: in caso di uccisione colposa si manifesta il decesso di una persona senza che il soggetto agente ne avesse il proposito (es. i casi in cui un pedone è investito); anche in caso di uccisione involontaria si manifesta la morte di una persona, ma in tal caso il soggetto agente aveva la sola volontà di ferirla, non di ucciderla (es. violazione da cui deriva la morte della vittima); nei casi di tentata uccisione invece, non vi è alcun decesso, ma il soggetto agente aveva il chiaro proposito di uccidere il soggetto preso di mira, manifestatosi con evidenza nella commissione di azioni valide (es. accoltellamento molteplice di una persona).
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