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I FATTORI COSTITUTIVI DELL’ILLECITO
In termini generali, il crimine è "una fattispecie per cui la legge prevede come conseguenza una condanna di tipo penale”.
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Esso si compone di due elementi, uno oggettivo e uno soggettivo. Il primo include genericamente tre fattori: atteggiamento, congiuntura e rapporto di causalità.
L’atteggiamento consiste in un’azione o un’omissione che la stessa normativa prevede come crimine.
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Dunque la definizione di atteggiamento è assai chiara. La congiuntura, invece, è un concetto sottoposto a varie spiegazioni della teoria.
In generale, può essere definita come il consueto effetto dell’atteggiamento individuale che rileva ai fini legislativi. La congiuntura ha un ruolo più marginale, in quanto la legge definisce come crimini anche fatti privi di qualsiasi congiuntura (reati di mero atteggiamento).
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Il rapporto di causalità (art. 40 c.p.), infine, si ha quando un dato atteggiamento costituisce il motivo di una determinata congiuntura. La dottrina in merito presenta alcune differenze.
Vi è la teoria della condicio sine qua non, quella del rapporto di causalità proporzionato e quella basata su dati statistici e fattori scientifici generici.
In via generale, il profilo soggettivo del crimine (artt. 42 e 43 c.p) coincide con la chiara volontà di agire in modo criminoso. Esso può essere formato da volontà, inoperosità o involontarietà.
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La volontà si configura quando l’atteggiamento del soggetto è convinto e consapevole di una determinata congiuntura; in sostanza, è formato dalla voglia di agire in tal modo e dalla conoscenza degli effetti provocati.
L’inoperosità invece si manifesta se il soggetto, seppure tiene un dato atteggiamento volontariamente, non ha pensato a prevedere il manifestarsi di una data congiuntura.
Pertanto coincide con disattenzione, imprevidenza o imperizia (inoperosità generica), o con la non osservanza di disposizioni, regolamenti o leggi (inoperosità particolare).
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Quindi, il crimine involontario coinciderebbe in linea di massima con un illecito non realizzato volontariamente (risolutezza), né contro le proprie intenzioni (sbagli), ma oltre ad essa.
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Il codice penale definisce precisamente solo gli illeciti non volontari (v. art. 584 c.p.), ossia tutte le azioni le quali provocano lesioni o perfino la morte del soggetto che le subiscono.
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